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03/09/2020

A.  Mappa delle delle stazioni osservative di LOFAR. Il sito di Medicina si unirà all’array nel 2021-22

LOFAR (Low Frequency Array) è un radio interferometro a bassa frequenza composto da stazioni osservative disseminate in tutta Europa. L’array ricopre l’intervallo di frequenze, largamente inesplorato, che va da 10 a 240 MHz con una nitidezza e sensibilità senza precedenti. LOFAR è un telescopio internazionale gestito da ASTRON, mediante la fondazione International LOFAR Telescope (ILT), come un osservatorio aperto alla comunità astronomica globale. Per prestazioni, architettura, dimensioni e modalità operative, LOFAR è uno dei naturali precursori dello Square Kilometre Array (SKA).

Per sapere di più visita il sito internazionale di LOFAR o il sito di LOFAR.IT.

Staff: R. Baldi, F. Bedosti, G. Bernardi, M. Bondi, G. Brunetti, E. Carretti, R. Cassano, C. Gheller, J. Monari, R. Paladino, F. Perini, I. Prandoni, T. Venturi

Collaboratori: A. Bonafede, E. Bonnassieux, M. Brienza, L. Bruno, D. Dallacasa, A. Ignesti, K. Rajpurohit, N. Locatelli, C. Riseley, Stuardi, F. Vazza 

 

La tecnologia alla base di LOFAR

LOFAR si basa su una serie di semplici antenne omnidirezionali, anziché sull’utilizzo di grandi antenne a riflettore (tipicamente antenne paraboliche), collegate tra loro con un’enorme rete di trasmissione ed elaborazione dei segnali. Diversamente dai radiotelescopi tradizionali, LOFAR non presenta parti in movimento. È infatti costituito da migliaia di piccole antenne elementari, le quali lavorano insieme grazie a tecniche di formazione del fascio (a livello di singola stazione) e di interferometria (tra le stazioni) eseguite interamente a livello elettrico o elettronico. Questo approccio consente allo stesso tempo di avere ampi campi di vista, grazie all’utilizzo di antenne elementari poco direttive, ed elevate sensibilità, in quanto il basso costo delle singole antenne consente di realizzarne e quindi dispiegarne sul campo in grande numero. Esistono due tipi di antenne per ogni stazione: le antenne ad alta frequenza (HBA, 110-240 MHz) e quelle a bassa frequenza (LBA, 10-90 MHz). Per realizzare immagini radio del cielo con un’adeguata nitidezza, queste antenne devono essere disposte in stazioni collocate a grande distanza tra loro. L’estensione globale dell’array è arrivata a coprire ormai buona parte dell’Europa, includendo (oltre al suo nucleo centrale in Olanda) stazioni in Francia, Germania, Irlanda, Polonia, Svezia e Regno Unito. L’elevato numero di antenne richiede allo stesso tempo reti dati ad alta velocità (Terabit/s) e sistemi di elaborazione di supercalcolo (decine di TeraFLOPS), ponendo necessariamente LOFAR all’avanguardia in entrambi i campi. Ad un decennio dalla sua inaugurazione (2010) LOFAR necessita di un ammodernamento per garantire la propria operatività ai massimi livelli fino al 2030. In particolare, nell’ambito del progetto LOFAR2.0, si intende rimpiazzare il sistema di ricezione ed acquisizione dei segnali delle antenne, denominato RCU (Receiver Control Unit), in modo da permettere la contemporanea osservazione con entrambe le bande/antenne, con grande vantaggio in termini di calibrazione della ionosfera nella banda a bassa frequenza. La realizzazione di un nuovo ricevitore ha inoltre l’obiettivo di rendere LOFAR più robusto nei confronti di uno spettro elettromagnetico sempre più affollato di segnali interferenti, dovuti all’introduzione di nuovi servizi di broadcasting.

 

LOFAR e la Stazione di Medicina

B.  Alcune antenne a bassa frequenza (10-90 MHz) di LOFAR

Il consorzio LOFAR.IT, guidato da INAF e con il Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino come membro, ha l’obiettivo di fornire agli scienziati italiani le condizioni ottimali per l’accesso e l’analisi dei dati di LOFAR, massimizzando l’impatto scientifico della ricerca. Tra i suoi piani vi è anche l’acquisizione di una stazione LOFAR 2.0 da installare presso la Stazione radioastronomica di Medicina entro il 2021-22. In tale ambito i tecnologi dell’IRA stanno, in collaborazione con i colleghi di ASTRON, progettando le nuove schede di ricezione ed acquisizione dei segnali d’antenna. L’obiettivo è realizzare due distinte schede, denominate RCU_L ed RCU_H, in grado di amplificare, filtrare ed infine acquisire i segnali provenienti dalle rispettive antenne nelle bande 10-90 MHz e 110-240 MHz. Le specifiche richieste in termini di sensibilità, dinamica, costi e consumi rendono il lavoro comparabile alla sfida tecnologica intrapresa dallo stesso personale della Stazione di Medicina nell’ambito del progetto SKA-LOW, del quale LOFAR costituisce un precursore.

 

L’infrastruttura informatica di LOFAR-IT

Fra le problematiche connesse a LOFAR vi è la gestione dei cosiddetti Big Data. L’analisi dei dati LOFAR richiede infatti l’uso di potenti computer che possano gestire la calibrazione e l’analisi di grandi moli di informazione. INAF gestisce l’infrastruttura computazionale nazionale per l’analisi dei dati LOFAR, distribuita in tre siti: IRA, Osservatorio Astronomico di Trieste e Osservatorio Astrofisico di Catania. IRA ospita il maggiore dei tre siti ed è attualmente composto da 8 nodi computazionali, 5 dei quali finanziati dal progetto europeo DRANOEL (PI: A. Bonafede). Ciascun nodo è costituito da 48-64 cores e 384-512 GB di RAM. Il polo IRA ha a disposizione circa 300 TB di spazio disco. Sui computers sono installati e continuamente aggiornati tutti i software più avanzati per l’analisi dei dati LOFAR, compresi quelli sviluppati all’interno dei Key Science Programs di LOFAR. Presso il polo IRA si analizzano tipicamente oltre un centinaio di TB di dati LOFAR all’anno.

 

Crediti
Figure A, B: ASTRON/International LOFAR Telescope